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Il fondo perduto nel diritto

In diritto si definisce a fondo perduto, o a capitale perduto, un tipo di alienazione il cui prezzo consiste in una rendita vitalizia o comunque in una prestazione vitalizia che l'acquirente garantisce al venditore; questa definizione del Cattaneo porta per fonte il Merlin, Vendita a fondo perduto, ma in altri commenti il medesimo autore distingue fra "alienazione a rendita vitalizia", "alienazione a fondo perduto" e "alienazione con riserva d'usufrutto". Nell'anzidetto senso usa la locuzione il Troplong, a proposito dello scioglimento della comunione nel matrimonio: come alienazione contro corresponsione di rendita vitalizia.

L'espressione, oggi disusata, fu introdotta con la ricezione del Code Napoléon negli ordinamenti vigenti nella Penisola. Nel nuovo Codice Civile del Regno d'Italia promulgato il 25 giugno 1865, ricorre all'art. 811 a proposito dell'imputazione del valore della piena proprietàdi beni alienati a capitale perduto o con riserva di usufrutto. Il "fondo perduto" è stato del resto oggetto di contese dottrinali in ordine alla sua qualificazione ai fini successori e comunisti, sia per la trasmissibilità agli eredi, sia per il già menzionato scioglimento di comunione.

Correntemente l'espressione ricorre invece diffusamente in diritto societario, a proposito dei versamenti effettuati dai soci in conto capitale o appunto a fondo perduto. In questo senso la qualificazione del versamento come "negozio gratuito atipico" sostenuta ad esempio dal Busi, è contestata da coloro come il Trimarchi che dubitano piuttosto del carattere di gratuità in caso di venuta ad evidenza della causa societatis.

Il fondo perduto nella finanza[modifica | modifica wikitesto]

In finanza si definisce a fondo perduto un intervento finanziario caratterizzato dall'erogazione di un capitale del quale non si richiederà la restituzione. Ove accomunato, anche solo per i contesti di riferimento, ad interventi di finanziamento o di prestito (in genere ad interesse), si differenzia da questi poiché non solo il beneficiario non è tenuto alla corresponsione di interessi, ma può addirittura ritenere integralmente lo stesso capitale (fondo) erogatogli, che dunque l'erogante metterà a bilancio come "perduto".

Secondo un'altra definizione, infatti, questi interventi sono prestiti per i quali il finanziatore consente, a determinate condizioni, a rinunziare al rimborso del prestito.

In genere questi interventi sono operati da enti pubblici o da istituti di credito (tipicamente per conto di enti pubblici, quindi per loro delega) in favore di determinate categorie di cittadini o aziende. L'erogante è perciò più spesso un "erogante pubblico", che agisce in funzione ed in ragione di esecutore di disposizioni normative dettate da accoglimento di istanze sociali o indicazioni economiche generali. Ma non manca la figura dell'"erogante privato", che trae le sue motivazioni da altre possibili cause (si pensi al caso delle fondazionied associazioni assistenziali che per il perseguimento dei propri scopi trovino nell'intervento a fondo perduto una forma di raggiungimento di questi).

La funzione dell'intervento a fondo perduto è infatti classicamente quella di conferire un aiuto economico concreto al beneficiario (più spesso ad una categoria di beneficiari) quando questo supporto finanziario risponda ad utilità maggiore od a dovere sociale o morale dell'erogante. L'erogante privato potrebbe ad esempio ricavare maggior vantaggio da conseguenze indirette dell'irrobustimento (o ripianamento) del capitale del beneficiario (il quale potrebbe, col suo prevedibile investimento, influire positivamente su flussi o direttamente mercati specifici), mentre l'erogante pubblico solitamente dà concreta applicazione a quanto ritenuto socialmente utile o dovuto nei riguardi di dati soggetti. Ad esempio in caso di mercati settoriali stagnanti, nei quali gli investimenti delle imprese siano limitati causando flessione dei capitali circolanti, gli interventi a fondo perduto rispondono all'esigenza (che è di vantaggio generale in economie di mercato) di sollecitare la rivitalizzazione del mercato stesso; uno stato destina quindi a determinate categorie di determinati comparti produttivi quote di fondi disponibili affinché attraverso il loro reinvestimento le imprese del settore possano ripristinare un adeguato volume di scambi. Analoghi obiettivi possono essere perseguiti anche per il rilancio di aree territorialmente definite, inquadrando le categorie di possibili beneficiari per criteri geografici (ad esempio ciò che in Italia fu oggetto di contribuzione a fondo perduto per il tramite della Cassa per il Mezzogiorno) o a condizioni differenziate a seconda dell'ubicazione (ad esempio, sempre in Italia, come previsto dalla legge 488/1992).